Il primo libro per uno scrittore è sovente frutto di emozioni covate nella coscienza. È il caso di Enrico Riggi, medico torinese di 52 anni che a novembre del 2013 ha pubblicato con Allemandi “Voglio morire in un giorno di sole”. Il romanzo, in gran parte ambientato in Afghanistan, tratta un tema scottante: i trapianti clandestini di organi umani.
Riggi ha prestato servizio in Africa, come volontario in missioni umanitarie: «Mi sono accorto che alcune persone sparivano. Un giorno erano lì con noi, il giorno dopo non c’erano più». Una suggestione da cui è nata l’idea di una narrazione. Il protagonista, Filippo, è un chirurgo italiano, incerto a un bivio della vita, rapito da un’organizzazione criminale per operare in una clinica clandestina: espianti e trapianti, da poveri sani a ricchi malati. La storia è avvincente, raccontata con stile veloce e incisivo, zeppa di colpi di scena e personaggi interessanti: mercenari, mercanti di uomini, trafficanti di oppio, criminali per costrizione, delatori e pentiti. 287 pagine da leggere con il fiatone, e perciò non bisogna anticipare nessuna sorpresa.
L’inquietudine, però, è spessa, e Riggi la trasmette così come la percepisce. Scrive di notte, sigaro tra le dita e bicchiere di vino, apprezza Faletti e Dostoevskij, e rimane scioccato dai 250 mila euro richiesti per un rene al mercato nero degli organi umani o dalle 3 mila persone che ogni anno scompaiono in Italia. A queste notizie agghiaccianti noi rabbrividiamo soltanto, lui ha scritto un romanzo. Bravo.
“Voglio morire in un giorno di sole”, 287 pagine, Umberto Allemandi (Torino). Info sulla pagina Facebook.