Il grano ucraino tra informazione e propaganda

Il fatto

Quanto grano produce l’Ucraina ogni anno? Su uno dei più prestigiosi quotidiani italiani il 9 giugno 2022 è stata pubblicato il dato di 102 milioni di tonnellate (immagine 1); la fonte di questa informazione è «Istituto statistico nazionale ucraino, International Grains Council».

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Wikipedia riporta, invece, la quantità indicata sul sito della Fao (l’organizzazione Onu per il cibo e l’agricoltura), che per il 2020 è pari a 24,9 milioni di tonnellate su 761 milioni totali (immagine 2).

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Qual è il dato esatto? Il secondo, perché le cifre dell'immagine 1 si riferiscono, peraltro in modo approssimativo, alla produzione riguardante tutte le tipologie di cereali il cui valore complessivo, nel mondo, è pari a 2.219 milioni di tonnellate (l’Ucraina nell'annata 2019/2020 ne ha prodotte 75, delle quali 29 di grano); il dato è consultabile sul sito dell’International Grains Council (http://www.igc.int/en/markets/marketinfo-sd.aspx). L'immagine 1, dunque, mostra una produzione di grano da parte dell’Ucraina superiore a quella reale.

L’analisi

Fornire informazioni tendenziose per impressionare e condizionare l’opinione pubblica è lo scopo della propaganda; il processo agisce sulla razionalità e sull’emotività delle persone attraverso la sistematica deformazione della realtà. La propaganda è ampiamente impiegata nelle dittature, nelle quali il potere viene mantenuto tramite l'utilizzo della forza, mentre non è ammissibile per i governi democratici, i quali, tuttavia, tendono a giustificarla in situazioni ritenute eccezionali; in guerra, soprattutto, questa attività è finalizzata a sostenere l’azione militare oppure a indebolire il nemico.

Il giornalismo, per sua natura, si pone in antitesi con la propaganda, poiché si basa sul concetto di notizia, ovvero di un fatto, verificato dai giornalisti, che interessa il pubblico; è proprio la presenza di un sistema d’informazione professionale e pluralista che limita la diffusione della propaganda nelle democrazie.

All’interno di questa cornice, la guerra in Ucraina non fa eccezione; assistiamo infatti a massicce azioni di propaganda su entrambi i fronti. L’aspetto interessante riguarda, però, i paesi dell’Unione Europea, nei quali si assiste a pericolosi deragliamenti dei mass media verso atteggiamenti faziosi.

Il grano ucraino bloccato nel porto di Odessa è al centro di una contesa riguardante lo sminamento del Mar Nero e il passaggio di navi in zona di guerra; aspetti che possono essere sfruttati dalle parti in conflitto per obiettivi tattici.

L’Ucraina utilizza la retorica della «Russia che affama il mondo», con l’intento di sostenere il proprio sforzo bellico; è comprensibile, per una nazione in guerra. Per chi osserva la vicenda in modo neutrale, invece, è fondamentale conoscere il dato esatto sulla produzione mondiale di grano, perché più bassa è la percentuale di grano ucraino sul totale e meno rilevante diventa il problema in relazione al sostentamento dei popoli del mondo.

Ora, se uno dei più importanti quotidiani italiani utilizza come fonte l’Istituto statistico nazionale ucraino (evidentemente di parte) senza effettuare una doverosa verifica, come impone la deontologia dei giornalisti, si sta prestando ad una attività propagandistica; ciò contribuisce ad accrescere la sfiducia del pubblico nei confronti dei giornali, a maggior ragione perché qualsiasi utente di Internet può rintracciare il dato esatto su Wikipedia in cinque minuti. La principale ragione del calo di vendite dei quotidiani risiede proprio nella progressiva erosione della loro credibilità agli occhi del pubblico, ed è su questo aspetto che giornalisti ed editori devono interrogarsi, anziché concentrarsi esclusivamente su cause esterne come i motori di ricerca per Internet e la comunicazione sui social network.

Le persone seguono le testate giornalistiche (stampa, radio, TV, online) soltanto se sono convinte di trovarvi notizie riportate in modo oggettivo, e possibilmente «tutte le notizie». Il venir meno della fiducia nell’informazione professionale incrementa la diffusione delle «fake news» perché, in assenza di voci credibili, qualsiasi affabulatore può conquistare le simpatie del pubblico. Il più potente antidoto contro la disinformazione, perciò, è il giornalismo di qualità, svolto da professionisti seri in un contesto pluralista.

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