Etica e giornalismo

Il giornalista è sottoposto a precise regole deontologiche nell’esercizio della professione. Il testo fondamentale è la legge istitutiva dell’Ordine, la numero 69 del 3 febbraio 1963, che all’articolo 2 indica come «obbligo inderogabile» il «rispetto della verità sostanziale dei fatti» e all’articolo 48 istituisce il procedimento disciplinare per «gli iscritti all’Albo che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale».

Il nocciolo dell’etica nel giornalismo risiede dunque nella «verità sostanziale dei fatti». La Cassazione è intervenuta per definire questo concetto individuando tre elementi fondamentali:

  1. l’utilità sociale dell’informazione, ossia l’esistenza di un interesse pubblico alla conoscenza e diffusione della notizia;
  2. la verità dei fatti esposti;
  3. la «continenza formale», ovvero una narrazione limitata all’esposizione dei fatti e alla loro valutazione evitando, ad esempio sottintesi maliziosi (definiti dalla Corte «sapienti»), accostamenti suggestionanti, insinuazioni e toni scandalistici.

Codice deontologico e altri documenti

Con il successivo Codice deontologico, approvato nel 1998, è stato ulteriormente circoscritto il diritto di cronaca quando interferisce con la sfera privata e i dati sensibili, la malattia, la sessualità, la detenzione in carcere, i minori coinvolti in fatti di cronaca. Accanto a queste norme, nel corso degli anni sono stati approvati altri documenti per regolamentare aspetti specifici, come la Carta di Treviso sul rapporto tra informazione e minori, il Codice media-sport in materia di giornalismo sportivo, la Carta di Roma concernente i migranti, il Codice di autoregolamentazione dei processi in tv, la Carta dei doveri dell’informazione economica, la Carta dei doveri dei giornalisti degli uffici stampa pubblici.

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